La rinascita della luce

Ho sempre amato le giornate autunnali che ci conducono verso l’oscurità. Mi piace l’atmosfera che si respira quando le ore di luce lentamente diminuiscono e la natura entra nel tempo del riposo. Nei boschi tutto tace e in questo silenzio anche la mente si distende. L’inverno crea in me un ancestrale bisogno di freddo, buio e umidità, condizioni che purtroppo negli ultimi anni si verificano con frequenza sempre minore. Addirittura, la neve è diventata quasi un fenomeno eccezionale sulle Alpi, in questi inverni surreali di secco e temperature elevate. Tuttavia, all’inizio di dicembre anche la Val d’Ossola è stata benedetta da una breve perturbazione che ha portato un’intensa nevicata seguita da alcuni giorni di freddo pungente. Così, quando l’8 dicembre siamo saliti in Val Quarazza per una tranquilla escursione tra amici, il lago e la vallata erano ricoperti da uno strato bianco e soffice. È stato sufficiente superare il piccolo villaggio in prossimità della diga proseguendo verso l’abitato abbandonato di Crocette, per entrare in una dimensione di totale silenzio. Già nel primo pomeriggio il sole era scomparso dietro le montagne e il bosco iniziava ad entrare nella luce soffusa del crepuscolo. Erano queste le giornate precedenti il solstizio d’inverno, giornate in cui il dolce abbandono alle ombre sempre più lunghe diventa la preparazione al momento energetico in cui la luce riprenderà a crescere.

In questo punto di volta in cui la luce muore per rinascere, un nuovo ciclo ha inizio e tutto si rigenera. Nelle culture preindustriali e contadine dell’emisfero boreale questo punto dell’anno era ritenuto un passaggio critico che simboleggiava il ciclo cosmico di vita-morte-rinascita. Il solstizio era un punto di sospensione in cui i confini tra mondo naturale e quello sovrannaturale si assottigliano e le energie cosmiche fluivano in modo potente. I Greci chiamavano il Solstizio d’inverno “Porta degli Dei” (Cattabiani 1988), mentre presso i Romani la divinità che sovrintendeva ai due solstizi era Giano bifronte, signore dell’eternità e delle porte celesti, colui che mantiene l’equilibrio cosmico. Non a caso nel calendario cristiano, che ha incorporato buona parte della simbologia pagana, in prossimità dei due solstizi cadono le festività di San Giovanni Battista (24 giugno) e San Giovanni evangelista (27 dicembre), una traslazione cristiana della divinità pagana che manteneva l’ordine cosmico della vita e della morte.

L’equilibrio nell’alternarsi di luce e buio, di caldo e freddo, di vita e morte, è il ritmo delle energie cosmiche, di cui gli uomini fanno esperienza costante insieme all’intero mondo naturale. E questo contraltare tra opposti è stato incarnato dall’uomo in rituali e celebrazioni del solstizio d’inverno che hanno come matrice comune la luce e il fuoco. Tutte le tradizioni folkloriche che hanno al centro l’ardere di un ceppo o di un falò, tipiche delle notti tra Natale e il 6 gennaio, altro non sono se non la rievocazione del sole che risorge, e hanno una funzione catartica e purificatoria che segna la rigenerazione della vita dal suo stato di morte apparente.

Ma non sono solo le feste e i riti a ricordare la rinascita della luce. In tempi molti antichi gli uomini hanno innalzato opere architettoniche in perfetta sintonia con i ritmi del sole e gli allineamenti astronomici tra sole e terra. Il luogo per me più affascinante è forse il complesso megalitico di Newgrange, che sorge in Irlanda, nella Valle del fiume Boyne a Nord di Dublino. Newgrange risale al 2300 a.C. ed il suo cuore è rappresentato da un tumulo formato da una camera interna a cui si accede attraverso uno stretto e lungo corridoio. Il sito è stato costruito in modo che all’alba del solstizio d’inverno, il sole proietti i suoi raggi attraverso un'apposita apertura lasciata sopra l'ingresso. La luce del sole appena sorto lentamente attraversa il corridoio, fino ad illuminare la camera interna. Ho avuto la fortuna di visitare questo luogo estremamente suggestivo durante la mia permanenza in Irlanda, e ancora si sente l’impronta energetica data allo spazio e la forte connessione con le meccaniche celesti. L’infinito flusso del divenire, del movimento continuo è rappresentato anche dalle numerose spirali incise sulle pietre esterne al tumulo, a testimonianza della centralità del ciclo di vita-morte-rinascita presso i popoli dell’Europa Antica (Gimbutas 1989). Tra l’altro a pochi passi da Newgrange, a Dowth, esiste un tumulo simile la cui camera interna è stata costruita in modo tale da essere illuminata dai raggi del sole al tramonto dello stesso giorno solstiziale (Cossard 2018). È evidente che l’intero sito sia stato pensato ed eretto in perfetta sintonia con l’andamento della luce del sole nel giorno del solstizio d’inverno. Mi dà una certa vertigine rendermi conto della capacità di questo popolo antichissimo, di cui non si sa praticamente nulla, di osservare i cicli astronomici e sintonizzarsi con le energie cosmiche dei punti cardine dell’anno,solstizi ed equinozi; una capacità che noi purtroppo abbiamo completamente perso. Continuiamo ad essere inspiegabilmente affascinati dalla complessa simbologia di siti archeologici come Newgrange, ma non siamo più in grado di sentire i movimenti energetici degli astri, la presenza vitale degli alberi, il flusso vorticoso ed inarrestabile del mondo naturale, che hanno dato vita a quei luoghi. Quasi sempre viviamo in un silenzio sterile, assordati solo dai rumori che noi stessi abbiamo imparato a produrre.

Per questo, ancora oggi sento il richiamo di quelle giornate in cui si apre uno spazio, un varco, una possibilità. Giorni come il solstizio d’inverno, che resta per me il momento in cui contemplare la ruota dell’anno che compie il suo giro, e immergermi nel mistero di vita-morte-rinascita che continuamente si ripete nella nostra esistenza e in quella di tutte le creature viventi.

Note tecniche

Siamo partiti da Isella, frazione di Macugnaga, in Valle Anzasca. Il percorso è costituito da un’ampia strada sterrata in leggera salita, che in mezzora circa ci porta al Lago delle Fate. Da lì in un’altra mezzora raggiungiamo il villaggio abbandonato di Crocette, attraverso un comodo sentiero in piano.

Ringrazio Beatrice ed Elena per avermi “prestato” alcune delle foto di questa giornata!

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L’anima degli alberi