Animali fantastici in Valgrande
Chiara Dallavalle
Finalmente il meteo e l’allentamento delle restrizioni legate alla pandemia ci hanno permesso la prima escursione dell’anno in Valgrande. Il percorso scelto è un giro ad anello che, partendo dall’alpe Ompio, si snoda sul versante nord della vallata fino all’antico Curt di Corte Buè per poi salire alla Colma di Vercio e ridiscendere a Ompio passando per il punto panoramico del Monte Fajè.
Appena sopra il rifugio Fantoli, all’ingresso nell’immensa faggeta che ricopre il versante nord del Monte Fajè, imbocchiamo il sentiero che ci porterà a Corte Buè. Bastano pochi passi per entrare in un’altra dimensione, quella selvaggia e remota della Valgrande. A parte il fruscio delle foglie mosse dai nostri passi, il silenzio è assoluto. Il sentiero in alcuni punti si fa impervio, inerpicandosi su speroni di roccia, oppure attraversando stretti valloni ancora ricoperti dalla neve. Persino nei suoi confini esterni, la Valgrande mostra tutta la sua inacessibilità, e rimango sempre stupita di come nei secoli scorsi i valligiani abbiano saputo creare un equilibrio con questo territorio così difficile, adattandovisi ma anche modellandolo per potervi ricavare di che vivere.
La relazione con una natura lussureggiante e indomabile, che a tratti annichilisce il visitatore nella sua magnificenza, ha senza dubbio dato vita a leggende e storie, che testimoniano la valenza quasi sovrannaturale di questo ambiente. Ad esempio, la presenza estremamente diffusa di rettili pare essere all’origine della figura fantastica del basilisco, bazalesch o bagialisch a seconda dei dialetti locali, una creatura ricorrente nel folklore ossolano. Si tratta di uno strano animale dal corpo di serpente, ma con il becco e la cresta di gallina, e le ali, dotato del potere di ipnotizzare le persone. Spesso nel folklore contadino sono presenti esseri mostruosi dalla forma di serpente, un animale che nell’iconografia cristiana viene associato al Diavolo e visto quindi come l’incarnazione del Male. In realtà andando a scavare in un tempo un po’ più remoto, scopriamo che il serpente è una potenza ctonia, che, attraverso lo svolgersi delle sue spire, simboleggia il rinnovamento dell’energia vitale. Nell’Europa Antica raccontata da Marija Gimbutas, una delle forme assunte dalla Dea Madre è proprio la Dea Serpente, sopravvissuta nelle epoche successive attraverso credenze e ritualità locali in cui i serpenti erano custodi delle fonti d’acqua, portatori di benedizioni e di fertilità, e messaggeri della primavera. La spirale della forma arrotolata del serpente è un’immagine quasi universale della vita, che richiama il fluire dell’acqua e il movimento perpetuo dell’energia cosmica. Lo ritroviamo in numerose testimonianze archeologiche dell’Europa Antica, a partire dai famosi motivi a spirale irlandesi della valle del Boyne, ma anche nella rappresentazione dell’energia kundalini, che giace quiescente alla base della colonna vertebrale, arrotolata proprio in forma di serpente. I rettili fantastici della tradizione alpina sembrano quindi testimoniare la persistenza di arcani frammenti dell’iconografia della Dea Serpente e del suo simbolismo, laddove vengono rappresentati come animali dotati di poteri sovrannaturali, che incutono timore e reverenza, e che segnano il continuo contatto con quel mondo sovrannaturale che nell’immaginario collettivo delle genti di montagna permeava anche il mondo reale.
Note tecniche
Il punto di partenza dell’escursione è Ruspesso, a circa 20 minuti di auto da Verbania. Ad una decina di minuti di cammino dal rifugio Fantoli, troviamo l’incrocio da cui parte sia il sentiero che sale al Monte Fajè, sia quello che scende verso Corte Buè. Da lì proseguiamo in saliscendi per circa 2 ore costeggiando la dorsale della montagna. Poco prima di raggiungere il Curt, si stacca il sentiero, ben segnalato, che con un dislivello di circa 400 m ci porta alla Colma di Vercio in un’ora abbondante. Da lì, costeggiando il crinale che si affaccia sull’Ossola, in un’altra ora ritorniamo al rifugio Fantoli.